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LA DONNA VOLUBILE | 367 |
Rosaura. Dirò di no.
Beatrice. Basta che siate a tempo, e non vi voglia obbligare a sposarlo.
Rosaura. Oh, non vi è pericolo. Mio padre mi ama teneramente; fa tutto quello ch’io voglio; non mi disgusterebbe per tutto l’oro del mondo. Cara signora Beatrice, voi siete la più cara amica ch’io m’abbia, a voi sola confido il mio cuore. Come mai potrei fare a parlare col signor Florindo?
Beatrice. Ingegnatevi.
Rosaura. Voi mi potreste aiutare; potreste condurlo da me in compagnia vostra.
Beatrice. Che! Vorreste ch’io vi facessi la mezzana?
Rosaura. A un’amica non si può fare un piacere? Farei lo stesso per voi. Finalmente, Florindo ed io siamo da maritare.
Beatrice. Basta, ne parleremo. (Anzi vo’ fare il possibile, perchè nemmeno lo veda). (da sè)
Rosaura. Oh, ecco mio padre. (s'alzano)
SCENA VII.
Pantalone e le suddette.
Pantalone. Servitor obbligatissimo. (a Beatrice)
Beatrice. Gli son serva, signor Pantalone.
Pantalone. Fia mia, cossa fastu? Xestu de bona voggia? (a Rosaura)
Rosaura. Ora mi sento bene. Vi è qui la mia cara amica, che viene a consolarmi.
Pantalone. Sì? Ho piaser che la siora Beatrice te sia cara, e che la se degna de farte compagnia.
Rosaura. Sì, signora Beatrice, venite spesso a ritrovarmi, venite ogni giorno, venite a pranzo con noi.
Beatrice. Vi ringrazio delle vostre cortesi esibizioni, sarò quanto prima a rivedervi. (Verrò per discoprir terreno). (da sè) Se mi date licenza, io parto.
Rosaura. Eh no, non partite.
Pantalone. Lassa che la vaga, che t’ho da parlar. (piano a Rosaura)