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s’ei non mi sdegna, se il Vice Re nol contrasta, se posso dispor di me stessa, qui alla presenza di chi comanda, e di chi invano impedirlo procura, a lui offerisco la mano, il cuore, e tutto il bene che mi concede la mia fortuna.

Vice Re. Io non mi posso opporre. Siete arbitra di voi stessa. Che dite, signor Guglielmo?

Guglielmo. Digo che resto sorpreso e maraveggià, come una signora de tanto merito se degna de onorarme a sto segno. Cognosso che no merito una sì gran fortuna, e che sia la verità, no la posso accettar per causa dell’impegno che gh’ho con Leonora, la qual no m’ha messo in libertà, e no gh’ho cuor de vederla precipitada per mi. Onde se Leonora no me l’accorda, no ghe sarà pericolo che sposa altra donna, e lasserò qual se sia gran sorte, per mantegnir el ponto d’onor.

SCENA XIX.

Eleonora e detti

Eleonora. No, signor Guglielmo, non vi tradite per me; sposatevi a donna Livia, accettate quel bene che vi offerisce il destino, siate certo io non vi sarò d’ostacolo per conseguirlo. Dopo un lungo combattimento tra l’amor mio e la mia virtù, avevo risoluto in favore di questa, ed ero in punto per cedervi; sopraggiunse donna Aurora, e mi fece mutar pensiero. Tornai ad ascoltar le voci della ragione, e la virtù mi suggerì nuovamente che chi ama davvero, evitar dee la rovina della persona amata. Donna Livia qui mi ha seco condotta; essa mi ha facilitato il modo di mandar ad effetto la mia amorosa risoluzione. Ecco in questo foglio una cedula di seimille scudi, ed eccone mille in questa borsa. Con questi, e con la scorta di due buoni amici di donna Livia, vado in questo momento a chiudermi in un ritiro, e non mi vedrete mai più. (via)

Guglielmo. Come. Vegnì qua, sentì.....

Vice Re. Lasciate ch’ella vada. Non impedite un’opera generosa.

Guglielmo. No so cossa dir; bisognerà lassarla andar.

Livia. Sì, lasciate ch’ella vada a godere uno stato, che certa-