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Vice Re. Sì, a voi; io ve ne assicuro.

Filiberto. A me! (a Guglielmo)

Guglielmo. Sior sì, a ela, per gratitudine d’averme tegnù quattro mesi in casa.

Filiberto. Andate, che siete un gran galantuomo. Quando si principia la carica?

Vice Re. A suo tempo sarete avvisato. Che dice il signor conte Portici? Conte Portici. Dico che il signor Guglielmo è un uomo di merito, e che per coronare la sua fortuna, non manca altro se non che donna Livia lo sposi.

Guglielmo. Magari ch’el disesse la verità, ma sarà difficile, perchè son impegnà con un altra.

SCENA XVIII.

Messo, poi Donna Livia e detti.

Messo. Eccellenza, è qui la signora donna Livia, che desidera udienza.

Vice Re. Venga, che viene a tempo. (messo via)

Guglielmo. Lupus est in fabula. El xe un de quei arrivi a uso de commedia, dove se fa vegnir le persone co le bisogna.

Livia. Signore, io sono una vedova, che vale a dire una donna libera, che può dispor di se stessa. La fortuna mi ha beneficata con una eredità doviziosa, onde la mia ricca dote eccita in molti la cupidigia, più che l’amore. Vi sono di quelli che pretendono avermi, o coll’autorità, o colla soverchieria; e qui avanti di voi veggo tre rivali, tre amanti non di me, ma delle ricchezze mie. Chi mi ha queste lasciate, non mi vincola ad altro, se non che a sposarmi ad un uomo che sia nato civile, ed il testamento è a voi noto. Per il resto posso io soddisfarmi, e intendo di farlo, e imploro la vostra autorità per poterlo fare. Io amo il signor Guglielmo e lo desidero per mio consorte. Sì signori, l’amo e lo desidero per mio consorte. Vi scuotete? Fremete? Egli lo merita, perchè civilmente è nato; egli lo merita, perchè onestamente sa vivere. La sua nascita si prova con questi fogli. La sua onestà è resa a tutti palese; onde