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Guglielmo. Bisogna mo trovar una persona onesta, capace de presieder a sto novo carico.

Vice Re. Si troverà.

Guglielmo. Vorria supplicarla d’una grazia.

Vice Re. Dite pure.

Guglielmo. Za che mi ho abù la sorte de proponer una cossa che la trova utile, vorria che la se degnasse de elegger per sta carica una persona che me preme infinitamente.

Vice Re. Quando sia abile, lo farò volentieri.

Guglielmo. L’è a proposito, e questo xe el sior D. Filiberto.

Vice Re. Bene. D. Filiberto averà questo carico, e riconoscerà da voi l’onore e l’utile che porta seco il novello impiego.

Guglielmo. Grazie a Vostra Eccellenza.

SCENA XV.

Conte Portici e detti.

Conte. Signore, io compatisco in faccia vostra un calunniatore, poichè sopraffatto dall’arte finissima di quel parlatore, crederete più a lui che a me. Non è maraviglia che un poeta, specialmente teatrale, avvezzo a macchinar sulle scene e a maneggiar gli affetti a suo modo, abbia l’abilità di guadagnare anche l’animo vostro. Io son nell’impegno, e vi va del mio decoro, se non vi faccio constare quanto vi ho detto intomo alle di lui imposture. Io glielo dico in faccia, e non ho soggezione. Se a me non volete credere, ecco chi più di me lo conosce. Venite, signor Conte; venite, signor Marchese: questi due cavalieri vi parleranno di lui.

SCENA XVI.

Il Conte di Brano, ed il Marchese d’Osimo e detti.

Guglielmo. Eccellenza, mi taso e no digo gnente.

Vice Re. Conte, voi vi riscaldate soverchiamente; e voi, Conte di Brano, che avete a dirmi contro di questo giovane?

Conte di Brano. Io dico che a lui devo la vita. Sapraffatto da