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Livia. Sì, le ho avute, ma se io le ho donate al signor Guglielmo, perchè voi rimandarle?
Aurora. Perchè il signor Guglielmo non le ha volute.
Livia. Eh, donna Aurora, vi sono degl’imbroglietti.
SCENA XI.
Cameriere e dette.
Cameriere. Con permissione. (a donna Aurora) (Il signor Guglielmo va via in questo momento). (piano a donna Livia, e parie)
Livia. Attendetemi, che ora vengo. (via)
Aurora. Credevo trovar Guglielmo e non l’ho veduto. Perfido! Se ti trovo, ti voglio rimproverar come meriti. E questa la gratitudine che tu hai, per una che ti ha fatto del bene.
SCENA XII.
Eleonora ed Aurora.
Eleonora. Signora, dov’è donna Livia? Poc’anzi non era qui?
Aurora. Sì, vi era, è partita ora, e da qui a poco ritorna.
Eleonora. (Ho risolto. Parlerò a donna Livia, e le farò la rinunzia del cuor di Guglielmo. Ah, che mi sento morire!) (da sè)
Aurora. Che avete, signora, di che vi lagnate?
Eleonora. Eh, troppe sono le mie disgrazie!
Aurora. Chi siete voi?
Eleonora. Il mio nome è Eleonora.
Aurora. Di qual patria?
Eleonora. Napolitana.
Aurora. (Eleonora? Napolitana?) (da sè) Ditemi, sareste voi forse l’amante d’un tal Guglielmo?
Eleonora. Sì, signora.
Aurora. Ora comprendo perchè piangete; l’avrete trovato impegnato con la vedova, non è vero?
Eleonora. Ah, lo sapete ancor voi?
Aurora. Sì, sì, tutto mi è noto. E voi cederete la vostra autorità senza scuotervi, senza chieder giustizia?