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Vice Re. Esponete e assicuratevi della mia protezione.
Guglielmo. Perdoni, Eccellenza, questo no me par logo per trattar e concluder un affar de sta sorte. Ella xe un cavalier pien de carità e de clemenza, e spero che avanti de obligarme a parlar, la me vorrà assicurar che el mio arrecordo, trova che el sia profittevole, no l’anderà senza premio.
Vice Re. Di ciò siate certo. Andiamo a discorrerne nel mio agbinetto.
Guglielmo. Se V. E. me permette, vago a tor una carta, nella qual ghe farò veder in un colpo d’occhio tutta la macchina, desegnada e compita.
Vice Re. Andate, ch’io v’attendo.
Guglielmo. A momenti son a servirla. (Intanto anderò a vedere cossa xe de Leonora, e po tornerò. Spero de stabilirme in te la grazia del Vice Re, e farò morir de rabbia i nemici. L’arrecordo xe bello, el xe novo, el xe certo; sta volta fazzo la mia fortuna). (via)
Vice Re. Povero giovine! Egli, per quel ch’io scorgo, viene perseguitato con ingiustizia. Il Conte è un amante di D. Livia, non lo credo sincero.
SCENA VI.
Conte Portici e il Vice Re.
Conte. Mi permette V. E....
Vice Re. Oh Conte, io credo che a voi questa città averà una grande obbligazione.
Conte. Per qual ragione, signore?
Vice Re. Voi mi avete scoperto esservi quel forastiere...
Conte. È poi come dicevo io? E un impostore, è un gabbamondo?
Vice Re. Egli è uno il quale darà un arricordo che tende all’utile pubblico, al comodo privato, e al buon ordine della città. Ora vado a sviluppare il progetto, per il quale averà il signor Guglielmo il premio che gli conviene, e voi sarete ringraziato per aver promossa la sua fortuna ed un pubblico beneficio. (via)è