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Conte. Quattro mesi ha mangiato alle spalle del povero D. Filiberto.

Vice Re. Ha trovato un uomo di buon cuore. Un povero cittadino, che qualche volta si dà aria da cavaliere.

Conte. E quel ch’è più rimarcabile, D. Aurora è incantata dall’arte di quel ciarliere.

Vice Re. Conte, state certo che, se sarà giusto, lo farò partire.

SCENA IV.

Messo e detti.

Messo. Eccellenza, è qui il forastiere che mi ha comandato condurre.

Vice Re. Conte, ritiratevi; lasciatemi solo con lui.

Conte. Farò come comandate. (Il Vice Re è un cavaliere risoluto; lo esilierà assolutamente, ed io avrò nel cuore di D. Livia un rivale di meno). (via)

Vice Re. Fate che passi.

Messo. Obbedisco. (via)

Vice Re. È debito di chi governa, tener la città purgata da gente oziosa, dai vagabondi, dagl’impostori. Eccolo. All’aria non sembra uomo di cattivo carattere. Ma sovente l’aspetto inganna. Noi non abbiamo a giudicar dalla faccia, ma dai costumi.

SCENA V.

Guglielmo e detto.

Guglielmo. Me umilio a V. E.

Vice Re. Chi siete voi?

Guglielmo. Guglielmo Aretusi.

Vice Re. Di qual paese?

Guglielmo. Venezian per servirla.

Vice Re. Qual è la vostra condizione?

Guglielmo. Ghe dirò, Eccellenza. Son oriondo de Lombardia, e dai mi antenati xe stada trasportada la mia fameggia in Ve-