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per viaggio. Egli non ha avute mie lettere, e forse mi crederà un’infedele.

Livia. (Ah mie perdute speranze! Ah Guglielmo, tu non mi dicesti di essere con altra donna impegnato!)

Eleonora. Deh, movetemi a pietà di me. Concedetemi ch’io veder possa il mio adorato Guglielmo.

Livia. Eccolo ch’egli viene. (Ah, che la gelosia mi divora!)

Eleonora. Oh Dio! La consolazione mi opprime il core.

SCENA XIII.

Guglielmo con lettera in mano, e dette.

Guglielmo. Oh, son qua colla risposta...

Livia. Ecco a chi dovete rispondere. (prende la lettera con sprezzo) Osservate una sposa, che viene in traccia di voi. Su via, cosa le rispondete?

Guglielmo. (Cossa vedio? Eleonora?)

Eleonora. Caro Guglielmo, adorato mio sposo, eccomi a voi dopo il corso di quattro mesi...

Guglielmo. Quattro mesi senza scriverme? Sè una donna ingrata.

Eleonora. Quattro mesi sono stata in viaggio. Partita sono all’arrivo della vostra lettera. Ecco registrato in questa fede il giorno della mia partenza.

Guglielmo. (Oh che colpo! Oh che caso! Ma gnente, ghe vol franchezza e disinvoltura). Cara Eleonora, se arrivada in tempo ch’el cielo ha provisto a mi, e spero l’averà provisto anca per vu. Sta signora, piena de carità, s’ha degnà de apozarme i affari della so casa, la m’ha beneficà d’un assegnamento de trenta ducati al mese, e con questo, sposai che saremo, ve poderè mantegnir.

Livia. Male avete fondate le vostre speranze. Io non tengo in mia casa persone in matrimonio congiunte, e molto meno sposi, amanti, incogniti, fuggitivi. Provvedetevi altrove. Voi non fate per me.

Guglielmo. Come! la me licenzia?