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so servitori, e ghe prometto attenzion, fedeltà, gratitudine, e sora tutto zelo e premura de corrisponder a tanta generosa bontà.

Livia. (Che gentili maniere! che pensar nobile! che adorabile tratto!)

SCENA XI.

Paggio e detti.

Paggio. Signora, è domandata.

Livia. Chi è?

Paggio. Una donna forastiera, ch’io non conosco.

Livia. Fatti dire chi è.

Paggio. Non lo vuol dire. Desidera parlar con lei.

Livia. Vedrò chi è costei. (paggio via) Signor Guglielmo, tenete questa lettera; vi supplico, rispondetegli.

Guglielmo. Come comandela che responda? La me diga el so sentimento.

Livia. Rispondete come vi aggrada. Sentite il tenor della lettera, e formate voi quella risposta che le dareste, se foste nel caso mio. (Nella maniera con cui egli risponderà a questa lettera da me inventata, rileverò s’egli ha coraggio di aspirare alle nozze di una vedova ricca, che per necessità deve sposarsi ad un uomo ben nato). (via)

Guglielmo. Oh, quest’è bella! La vol che responda alle lettere, senza dirme la so intenzion? In sta maniera no la me fa miga so segretario, ma la me rende arbitro del so cuor. Oh, se fusse vero, felice mi! Chi sa? de sti casi se n’ha dà dei altri. Ma Eleonora? Eleonora no s’arrecorda più de mi, e mi no me recorderò più de ela. Sentimo cossa dise sta lettera, per pensar cossa che gh’ho da responder. A chi èla diretta? A D. Livia. Chi la scrive? No ghe xe gnanca sottoscrizion. Ela cognosserà el carattere, ma mi, se no so chi scrive, no saverò gnanca in che termini concepir la risposta. Lezemo. Cugina amatissima. Scrive un so zerman.

 A voi è noto quanto interesse io mi prenda in tutto ciò