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Conte. (Costui l’ha innamorata). Sì, ecco le persone che si proteggono dalle belle donne. Un giovinetto incognito, un avventuriere che può essere un impostore. Basta, servitevi come vi aggrada, ma il signor medico si disponga a dover mutar aria. (via)

Guglielmo. Andemo sempre de ben in meggio.

Aurora. Non abbiate paura; mio marito vi difenderà.

Guglielmo. Gnanca el medico no lo fazzo assolutamente, no vôi che i me toga per un zaratan.

Livia. Non avete detto che più vi va a genio la professione del cancelliere?

Guglielmo. È verissimo.

Livia. Io vi procurerò una delle migliori cancellarie, se la mia non è lucrosa che basti.

Aurora. Mio marito, mio marito ve la troverà.

Conte. Sarebbe bella che un forastiere avesse a venire a mangiar il pane, che devesi alli paesani. Io mi protesto, che cancellarie il signor Gugliemo non ne averà.

Guglielmo. Obbligatissimo alle sue grazie.

Conte. (A poco a poco D. Livia lo fa padrone del suo cuore e delle sue ricchezze).

Livia. Signor Conte, voi non disponete delle cariche di questo Regno.

Conte. Eh via, signora D. Livia, se vi preme il bel Veneziano, mantenetelo del vostro, e se volete beneficario, sposatelo, che buon prò vi faccia.

Guglielmo. (Questa saria la più bella carica de sto mondo).

Livia. Nelle mie operazioni non prendo da voi consiglio.

Aurora. Eh, che il signor Guglielmo non ha bisogno di pane. È in casa di mio marito.

Livia. In ogni forma resterete in Palermo, e per far conoscere il vostro spirito, darete al nostro teatro alcuna delle vostre composizioni.

Conte. Sì, veramente ci farà un gran regalo. Verrà colle sue opere a rovinare il nostro teatro. Io parlerò altamente contro di lui, e se a voi, signora, piacciono le di lui opere, fatelo operare in