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270 ATTO TERZO

Livia, Sì, malgrado le triste insinuazioni che fatte avete nell’animo di Eleonora.

Aurora. Vi sposi pure, ch’egli n’è degno. Ho fatto stima di lui, ho compatite le sue disgrazie, e la mia stima e la mia compassione non ha mai passato il segno dell’onestà. Sono una donna onorata, e tanto basta per assicurarvi non avere avuto per lui che una semplice inclinazione.

Filiberto. Ehi, il signor Guglielmo mi ha procurato una carica decorosa e lucrosa. (a donna Aurora)

Aurora. Che animo generoso! Mi vengono le lagrime per tenerezza. Non ho cuor di vederlo. (si ritira)

Vicerè. Orsù, andiamo. Poichè io desidero che si concluda il vostro nuzial contratto, e prima di uscire da questo palazzo, si ha da stabilir legalmente.

Guglielmo. Son confuso da tante grazie. Resto attonito per cotanta bontà. Ringrazio il cielo che mi ha assistito, ringrazio donna Livia che mi benefica; ringrazio altresì quella povera giovane, che è andata a chiudersi per mia cagione. Molte e grandi sono le vicende che ho passate in questo mondo, fatto ho la vita dell’avventuriere, ma al fine sono assistito dal cielo e favorito dalla fortuna, perchè fui sempre un Avventuriere Onorato1.

Fine della Commedia.



  1. Nell’ed. Pap. si legge a piè di pagina quest’avvertenza: Nella edizione di Venezia [intendesi l’ed. Bettinelli] in fine della presente Commedia avvi un Sonettaccio in lingua veneziana. L’Autore lo detesta, come indegno di stampa ed inutile alla Commedia.