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L'AVVENTURIERE ONORATO 263

Aurora. Quattro mesi alloggiò egli nella mia casa. Finalmente con poco garbo si è da me allontanato, credo per cagione di quella vedova, che sarà forse il motivo della vostra disperazione.

Eleonora. Siete voi da marito?

Aurora. Anzi l’ho il marito. Non mi lagno della vedova per gelosia; spiacemi solo ch’ella colle sue lusinghe abbia guastato il cuore al miglior uomo del mondo.

Eleonora. Ah, pur troppo me lo ha avvelenato! Io dovrò perderlo per sua cagione.

Aurora. E voi lo cederete così vilmente, senza scuotervi, senza domandare giustizia?

Eleonora. Non ho cuore per vederlo perdere una dote doviziosa.

Aurora. Eh, semplice che siete! Chi vi ha insegnato ad amare in tal guisa? Rinunziare l’amante per fare la sua fortuna? Pensateci un poco meglio. Non vi lasciate ingannare. La vostra pace val più di tutto l’oro del mondo; e se per arricchire il signor Guglielmo, vi esponete al pericolo di morire, non siate cotanto sciocca di farlo. Non sagrificate all’altrui fortuna il vostro cuore e la vostra vita. (parte)

SCENA XV.

Eleonora, poi donna Livia.

Eleonora. Chi è costei che mi parla? Una voce del cielo o un demonio dell’inferno?

Livia. (Partì donna Aurora? Non ci fosse venuta mai: per sua cagione non ho potuto veder Guglielmo). (da sè) Eleonora, che fate qui? Avete voi risoluto?

Eleonora. Sì signora, ho risoluto. Guglielmo è il mio sposo: non voglio sagrificare per voi il mio cuore e la mia vita. (parte)

Livia. Che sento? Parla così risoluta? Ah! temo che donna Aurora l’abbia sedotta. Però non mi voglio perdere, e non vo’ lasciare alcun tentativo per vincerla, per persuaderla. Non risparmierò danaro, fatica e lagrime per l’acquisto dell’adorato Guglielmo. (parte)