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L'AVVENTURIERE ONORATO | 259 |
Guglielmo. Qual fortuna?
Eleonora. Quella di sposar una ricca vedova.
Guglielmo. Io sposare una ricca vedova?
Eleonora. Sì, donna Livia con diecimila scudi d’entrata.
Guglielmo. Oh, per l’appunto! S’ella non ci pensa nemmeno.
Eleonora. Anzi vi desidera; e sarà vostra, se io vi cedo.
Guglielmo. E voi che cosa dite?
Eleonora. Dico che morirò, se così volete.
Guglielmo. Eh via! Che cos’è questo morire?
Eleonora. Crudele! Avreste cuore d’abbandonarmi? Son qui per voi, esule dalla patria, priva della grazia de’ genitori, in grado di dover miseramente perire. Mi lascierete voi in preda alla disperazione?
Guglielmo. No, non sarà mai vero. Sono un uomo d’onore. Tutto perisca, ma non si dica giammai, che per mia cagione una fanciulla onesta siasi precipitata. Sì, vi sposerò; e mi maraviglio che donna Livia abbia cuore di veder una giovane per sua cagione penare, col pericolo di rovinarla.
Eleonora. Ella mi ha offerto seimila scudi.
Guglielmo. Seimila scudi?
Eleonora. E giunse perfino a promettermi ch’ella mi avrebbe ritrovato lo sposo.
Guglielmo. Lo sposo! Seimila scudi? Voi, che cosa dite?
Eleonora. La sua proposizione m’irrita.
Guglielmo. Seimila scudi non sono pochi.
Eleonora. Potrebbe darmeli sposando voi.
Guglielmo. Vuol essere un po’ difficile.
Eleonora. Caro Guglielmo, non mi volete voi bene?
Guglielmo. Sì, ve ne voglio. Ma diecimila scudi d’entrata!
Eleonora. Ah sì, l’interesse vi accieca. Voi m’abbandonate, voi mi tradite.
Guglielmo. No, non vi abbandono, non vi tradisco. Eccomi qui, vi sposo, se volete, anche in questo momento; e vi farò vedere che, per mantenere la mia parola, saprò rinunziare a’ diecimila scudi d’entrata.