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L'AVVENTURIERE ONORATO 255


il carattere dell’uomo onesto. Non credo che donna Livia conti nulla sopra di me; ma s’ella in mio favore si dichiarasse, sarebbe tant’e tanto lo stesso.

Vicerè. (Egli ha sentimenti di vero onore). (da sè) Quanto tempo è che siete in Palermo?

Guglielmo. Saranno ormai quattro mesi.

Vicerè. Ed io finora non l’ho saputo?

Guglielmo. Chiedo umilmente perdono. Lo avrebbe saputo prima, se qui si praticasse un certo metodo che ho io nel capo; una certa regola nuova, rispetto agli alloggi de’ forestieri ed alle abitazioni de’ paesani.

Vicerè. E qual è questo metodo?

Guglielmo. È qualche tempo che mi occupa la mente un progetto rispetto agli alloggi, tanto fissi che accidentali. Questo mio progetto tende a tre cose: all’utile pubblico; al comodo privato; al buon ordine della città. Se l’E. V. ha la bontà di udirmi, vedrà la novità del pensiere e la facilità dell’esecuzione.

Vicerè. Esponete, ed assicuratevi della mia protezione.

Guglielmo. Perdoni, Eccellenza; questo non mi par luogo per trattare e concludere un affare di questa sorta. Sarebbe necessario essere a tavolino... e poi l’E. V., cavaliere pieno di carità e di clemenza, spero che, prima d’obbligarmi a parlare, vorrà assicurarmi che il mio progetto, trovato che sia profittevole, non anderà senza premio.

Vicerè. Di ciò potete esser sicuro. Andiamo a discorrerne nel mio gabinetto. (s’alza da sedere)

Guglielmo. S’ella mi permette, vado a prendere un foglio, in cui le farò vedere in un colpo d’occhio tutta la macchina disegnata e compita.

Vicerè. Andate, che io vi attendo.

Guglielmo. A momenti sono a servirla. M’ inchino all’E. V. (il foglio in meno di un quarto d’ora lo fo. Vedrò intanto Eleonora. Ella mi sta a cuore niente meno della mia fortuna). (da sè, parte)