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240 ATTO SECONDO

Conte. Oimè! Voi mi avete atterrito. Mi palpita il cuore. Farmi aver delle convulsioni.

Guglielmo. Favorisca il polso.

Conte. Eccolo. (Guglielmo gli tasta il polso)

Guglielmo. È sintomatico e convulsivo: ma niente; non tema di nulla, son qua io per lei. E necessario temprar questo fermento acre e maligno, conviene rallentare il moto agli umori con delle bibite acidule, e corroborare il ventricolo con qualche elixir appropriato. Vada subito alla spezierìa, si faccia far delle bibite di qualche cosa di teiforme, si faccia dare una confezione, o un antidoto, o un elettuario. Anzi si faccia dare una presa di elettuario del Fracastoro, che è il più attivo e il più pronto per regolare gli umori tumultuanti e scorretti.

Conte. Addio; vi ringrazio, vado subito. Le gambe mi tremano. Mi manca il respiro. Chi sa se arriverò a tempo alla spezieria, prima di cadere. (parte)

SCENA XVI.

Guglielmo, poi il Marchese d’Osimo.

Guglielmo. Questa volta ne sono uscito con una tirata da medico. Con un ipocondriaco ci vuol poco. Gli ho cacciato in corpo tale spavento, che per del tempo s’asterrà di montar in collera. Ma che fa Eleonora, che non esce di questa casa? Già me l'immagino: curiosità donnesca. Donna Livia le avrà fatto centomila interrogazioni. Ed io che cosa farò? Dove andrò a ricovrarmi? Come potrò io reggere, ora che di più ho una femmina al fianco? Una bella finezza mi ha fatto Eleonora! Basta, son un uomo d’onore, e benchè in oggi non abbia per Eleonora quella passione ch’io aveva per essa un giorno, sono in debito di sposarla, per riparo della di lei riputazione.

Marchese. (Che fa costui intorno alla casa di donna Livia?) (da sè)

Guglielmo. (Oh! mi aspetto dal signor Marchese un altro complimento, simile a quello del signor Conte). (da sè)

Marchese. Che fate qui voi?