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L'AVVENTURIERE ONORATO 237


la risposta alla lettera da me finta, vedasi con quai sentimenti ha risposto. Può essere che i sensi di questo foglio servano a maggiormente disingannarmi. (Apre e legge) Signore. L’interesse che voi prendete per la delicatezza dell’onor mio, non è che una costante prova del vostro amore verso di me; onde trovomi in debito prima di ringraziarvi e poi di giustificarmi. Se io ho mirato con occhio di parzialità l’incognito di cui parlate, ciò non è derivato per una cieca passione, ma perchè non mi parve degno del mio disprezzo. Se quelli che hanno qualche pretensione sopra di me, lo guardano con gelosia, conosceranno di meritare assai meno di lui, e non mi curo delle critiche mal fondate, risguardando in me stessa l’onestà del mio cuore e de’ miei pensieri. So ancor io preferire il decoro alle mie passioni, e quando amassi un incognito, non caderci nella debolezza di farmi sua, senza prima conoscerlo. Io non amo il signor Guglielmo: se l’amassi, non mi dichiarerei alla cieca; ma certa sono, che se assicurarmi volessi della sua nascita, non sarebbe egli indegno della mia mano. Mi direte: chi di ciò vi assicura? Risponderò francamente, che chi per quattro mesi ha dato saggi di onesto e discreto vivere, non fa presumere che abietti sieno i di lui natali. Oimè! Che lettera è questa? Che lettera piena di misteriose parole! Può egli con maggior delicatezza rispondere? Sostiene il diritto della mia libertà, senza offendere la persona a cui suppone di scrivere. Parla di se con modestia, e fa conoscere che è nato bene. Tratta l’amor mio con tale artifizio, che nell’atto medesimo in cui mi fa dire: Non amo il signor Guglielmo, il resto della lettera prova tutto il contrario. E un uomo di questa sorta potrò io privarlo della mia grazia? Ma a che impiegare la grazia mia per uno che ad altra donna ha donato il cuore? E non potrei averlo meco, senza pretendere il di lui cuore? No, non è possibile ch’io lo faccia. O deve esser tutto mio, o non l’ho più da vedere. Come mai potrebbe egli divenir mio? Amore assottiglia l’ingegno de’ veri amanti. Io non dispero, qualche cosa sarà. (parte)