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236 ATTO SECONDO

SCENA XIII.

Donna Livia ed Eleonora.

Livia. (Eppure mi muove ancora a pietà). (da sè)

Eleonora. Infelice Guglielmo! Oimè! per mia cagione ti sarai tu medesimo precipitato? Ma qualunque sia il tuo destino, teco mi avrai a parte. Ti seguirò per tutto... (in atto di partire)

Livia. Fermatevi. Tralasciate di piangere e ritiratevi in quella stanza.

Eleonora. No, signora, non lo sperate. Voglio seguitare il mio sposo.

Livia. Se amate Guglielmo, se avete premura del di lui bene, non partite di qui per ora.

Eleonora. Oh cielo! Che volete voi far di me?

Livia. Una donna onorata non può che procurar di giovarvi.

Eleonora. Perchè licenziar di casa vostra Guglielmo?

Livia. Perchè in casa mia riunir non voglio due amanti, dopo essere stati per quattro mesi disgiunti.

Eleonora. Vi ritornerà egli?

Livia. Sì, forse vi tornerà.

Eleonora. Abbiate compassione di noi.

Livia. Ritiratevi e non dubitate.

Eleonora. Cieli, a voi mi raccomando. (parte)

SCENA XIV.

Donna Livia sola.

Perchè scacciarlo da me? Perchè privarlo della mia casa? Di che è egli reo? Mi ha forse giurato la di lui fede? Mi ha egli promesso amore? Mi ha assicurato di non essere con altra donna legato? Ah, che soverchiamente la gelosia mi ha acciecato! Infelice Guglielmo, andrai ramingo per mia cagione? No, torna in casa, torna ad occupare quel posto... Ma che? avrei cuor di soffrirlo vicino, colla rivale dinanzi agli occhi? Potrei vederlo porgere alla cara sposa gli amplessi? No, non fia mai: vada pure da me lontano. Egli non è degno di me. A tempo m’illumina il cielo, mi provvede il destino. Ma giacchè ha egli formato