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L'AVVENTURIERE ONORATO 225

Aurora sia una donna di poca prudenza, ma il mondo è tristo; facilmente si critica, e voi vi renderete ridicolo.

Filiberto. Caro signor Conte, quanto vi son tenuto!

Conte. Prevaletevi dell’avviso. Schiavo, a rivederci.

Filiberto. Vi son servo, signor Conte.

Conte. (Costui non resterà lungo tempo in Palermo). (da sè, e parte)

SCENA III.

Don Filiberto, poi Berto con un altro viglìetto.

Filiberto. Si mormora di me? Si mormora di mia moglie? Domani lo licenzio senz’altro.

Berto. Signore, ecco un altro viglietto. (Ora almeno a un bisogno non ci mancheranno fogli). (da sè)

Filiberto. Il signor Guglielmo è in casa?

Berto. C’è la padrona, ci avrebbe da essere egli pure.

Filiberto. Che c’entra la padrona con lui? (alterato)

Berto. Che so io? Parlo a aria, signore.

Filiberto. Di’ al signor Guglielmo, che favorisca di venir qui.

Berto. Subito. (Se c’entra o se non c’entra, lo saprà la padrona). (da sè, parte)

SCENA IV.

Don Filiberto solo, poi Guglielmo.

Filiberto. Chi è che scrive? Se ci fosse colui, direbbe: favorisca di aprire, che lo saprà. Non ha tutto il torto però; vediamo: Il Marchese d’Osimo. Che dice il signor Marchese mio padrone? Guardatevi dal forestiere che avete in casa. Non sapendosi chi egli sia, e reso sospetto al Governo, e voi siete in vista, prestando asilo ad una persona che può essere macchiata di reità. Rimediate per tempo al pericolo che vi sovrasta, e gradite l’avviso di chi vi ama. Non occorr’altro. Eccolo; lo licenzio in questo momento.

Guglielmo. Che mi comanda il signor don Filiberto?