Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/225


L'AVVENTURIERE ONORATO 213

Fermo. Quel signore mi par di conoscerlo. (osservando bene Guglielmo; e parte)

Aurora. Se avete visite, vi leveremo l’incomodo. (a donna Livia)

Livia. No, trattenetevi. Questi è uno de’ miei pretendenti; ma non gli abbado. È un ipocondriaco collerico, non so che fare di lui.

Aurora. (Quanta superbia per essere un po’ ricca!) (da sè)

Conte. Servo di donna Livia. (tutti s’alzano)

Livia. Serva, signor Conte. Accomodatevi. Sedete. (tutti siedono)

Conte. Voi siete in buona conversazione. (a donna Livia)

Livia. Quel signor forestiere è venuto con donna Aurora a favorirmi.

Guglielmo. Servitor suo umilissimo. (al Conte che lo guarda)

Conte. Padron mio riveritissimo... Mi pare, se non m’inganno, avervi veduto qualche altra volta.

Guglielmo. Non è niente più facile.

Conte. Non avete nome Guglielmo?

Guglielmo. Per obbedirla.

Conte. Voi dunque siete il signor dottor Guglielmo, che esercitava in Gaeta la medicina?

Livia. (Un medico?) (da se)

Aurora. (Un dottore?)1 (da sè)

Livia. (Se è medico, può esser nobile). (da sè)

Guglielmo. Sì, signore, è verissimo, a Gaeta ho esercitato la medicina, ma non son medico di professione. Mio padre era medico, ho imparato qualche cosa da lui, qualche cosa ho imparato a forza di leggere e di sentir a discorrere. Ho girato il mondo, ed ho acquistato delle cognizioni particolari. Partito da Napoli, per causa di una disgrazia accadutami, mi sono ritirato a Gaeta, e non sapendo come altrimenti poter campare, mi sono introdotto in una spezieria, mi sono inteso collo speziale, son passato per medico, ho ricettato, ho curato, ho guarito, ho ammazzato, ho fatto anch’io quello che fanno gli altri. Insomma campai benissimo, e qualche cosa ho potuto anche

  1. Pap. aggiunge: Sì, sì, me l’hanno detto che ha fatto il medico.