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L'INCOGNITA | 159 |
Ridolfo. In Cagliari, capitale della Sardegna.
Rosaura. Dunque non in Sicilia.
Ridolfo. No, ve lo assicuro.
Rosaura. Perchè mi diceste più volte esser io Siciliana?
Ridolfo. Per maggiormente occultare a voi stessa una verità, che vi poteva costar la vita.
Rosaura. Oh Dio! Da chi mai mi veniva questa insidiata?
Ridolfo. Da un fiero inimico del vostro sangue.
Rosaura. Da quello forse che uccise la mia sventurata madre e due innocenti fratelli?
Ridolfo. Come ciò vi è palese?
Rosaura. Lo seppi confusamente dalla contessa Eleonora.
Ridolfo. (Oh donne! Non vi si può confidare un arcano), (da sè) La contessa Eleonora ha quasi tradito una sua cugina.
Rosaura. E chi è mai questa?
Ridolfo. Voi lo siete. Poichè da due fratelli aveste la vita.
Rosaura. Ma perchè dite ch’ella quasi mi abbia tradito?
Ridolfo. Perchè ora m’avvedo da qual fonte uscita sia quella voce, che sparsa si era per Napoli, del vostro vivere, e siccome il conte Ruggiero avea giurato di voler spargere tutto il sangue della vostra famiglia, tremava sempre per il timor della vostra vita, temendo che anche d’Olanda, dove erasi refugiato il Conte, potesse egli ordinare la vostra morte, come ha fatto quella dei due bambini. Sentii porre in dubbio che foste viva, e mi fu detto che l’inimico vostro era in Napoli; onde non tardai a togliervi dalla città e in questa terra condurvi, per deludere sempre più le diligenze del temuto avversario.
Rosaura. Ed ora quai felici novelle mi avete voi a recare?
Ridolfo. Sì, figlia, felicissime e da voi inaspettate. Vostro padre, non meno che il suo nemico, furono esiliati dalla Sardegna. Il primo ricovrossi in Napoli, il secondo in Olanda...
Rosaura. Mio padre in Napoli? Ma ora dove si trova?
Ridolfo. Lo saprete opportunamente. Ciascheduno di loro, dopo il giro di venti anni, col mezzo dei buoni amici supplicò la