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L'INCOGNITA | 157 |
Pantalone. Gh’astu altre arme? (gli ricerca per le tasche)
Lelio. E voi, signor Ottavio, ricordatevi che mi avete offeso, e che sempre non sarò disarmato.
Pantalone. (Oh che bestia! Oh che bestia!) (da sè)
Ottavio. Ancora minacce! Ancora insulti! Chi è di là? (vengono alcuni servi) Scacciate a forza quel temerario.
Pantalone. Fermeve. No, sior Ottavio, no la se prevaia dell’autorità che gh’ha el pare sora del fio, per far le so proprie vendette. Mi l’ho desarmà, mi gh’ho leva ogni difesa; ma no l’ho fatto con animo de abbandonarlo a chi lo vol ingiuriar. El xe mio fio, l’ho desarmà acciò che no l’offenda nissun, ma se nissun vol offenderlo elo, son qua, lo defendo mi. El xe mio fio; el xe un scellerato, ma el xe mio fio. Vorria che el fusse castigà, ma vorria poderlo castigar mi. Me despiase che l’abbia offeso una persona de merito, de autorità. Mi ghe domando perdon per elo; ma no permetterò che el se descazza co fa un baron; el merita esser punio, ma un galantomo offeso no s’ha da far giustizia colle so man. Vorla che el vaga via? La gh’ha rason. Animo, vegnì con mi, sì, vegnì con mi, e considerè che mi son vostro pare per natura, vostro nemigo per giustizia e vostro difensor per atto de carità. (parte)
Lelio. Sono stordito. (parte)
SCENA XIII.
Ottavio, poi Mingone.
Ottavio. Quest’uomo mi ha fatto rimanere fuor di me stesso. Andate. (i servi partono) Un padre di questa sorta è capace di operar più di tutti i gastighi, che dar si possono a un figlio di mal costume. Di questo fatto è necessario ne sia informato il Governatore. Chi è di là?
Mingone. Comandi.
Ottavio. Allestitevi, ch’io voglio uscire. È ritornata la padrona?
Mingone. Sì signore, è ritornata con il suo Florindo.