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152 ATTO PRIMO

Ottavio. Nobilissima dama, qual fortunato incontro fa che da voi onorata sia la mia casa?

Eleonora. L’affetto che io ho per questa buona fanciulla, mi obbliga a venire in persona a darle la più felice nuova del mondo.

Ottavio. Perdonatemi, se non conoscendovi... Presto... da sedere. Chi è di là?

Mingone. Signore.

Ottavio. Da sedere.

Mingone. Ho un’ambasciata da farle.

Ottavio. Presto. Compatite. (ad Eleonora)

Mingone. Il signor Lelio dei Bisognosi vorrebbe passare.

Ottavio. Lelio?

Ridolfo. Oimè! Il mio persecutore.

Eleonora. Costui è un indegno che m’insultò.

Ridolfo. E questo fianco si ricorda di lui.

Ottavio. Che cosa vuole? (a Mìngone)

Mingone. Io non lo so. Vuol passare.

Ottavio. Digli ch’io non lo posso ricevere, ma che a suo tempo lo tratterò come merita.

Mingone. (Se gli dico così, è capace di rompermi tutti i denti di bocca). (da sè, parte)

Ottavio. Scellerato! A tanto s’avanza?

Eleonora. Egli mi ha fatto tremare.

Rosaura. Ed io sono stata per sua cagione nei maggiori affanni del mondo.

Ottavio. Come! Vuol venire a forza? (osservando la porta)

Ridolfo. Con vostra permissione. (parte)

Ottavio. Ritiratevi. (a Rosaura ed Eleonora)

Rosaura. Cielo, aiutami. (parte)

Eleonora. Non ho veduto un temerario maggior di questo, (parte)

Ottavio. In casa mia? (a Lelio che entra)