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146 | ATTO PRIMO |
Lelio. Ora conosco che siete una gran signora. Principiate a parlare con dei termini gravi.
Eleonora. In questa terra son conosciuta.
Lelio. Io non vi conosco.
Eleonora. Mi darò a conoscere al signor Ottavio del Bagno, ed egli mi farà rendere soddisfazione.
Lelio. Ottavio del Bagno? Lo conoscete voi?
Eleonora. Io non l’ho mai veduto; ma so esser egli informato della mia casa.
Lelio. Signora, eccolo ai vostri piedi.
Eleonora. Voi Ottavio? Il capo dei finanzieri?
Lelio. Sì, il vostro servo.
Eleonora. Perdonatemi se vi ho aspramente trattato, e concedetemi ch’io vi dica, che in villa non siete quell’uomo prudente che vi reputa la città.
Lelio. Vi dirò, la libertà della villa concede qualche cosa di più. Signora, vi domando perdono.
Eleonora. Non vi credeva capace di una simile debolezza.
Lelio. Scusatemi, ve ne prego, e onoratemi di far che io conosca la dama, con cui favello.
Eleonora. Eleonora son io dei conti di Castel Rosso.
Lelio. Oh nobilissima dama! Servitore io sono della vostra famiglia, ch’io reputo per una delle più cospicue di questo Regno. (Sia maledetto, se so nemmen che vi sia). (da sè)
Eleonora. (Non mi altero di vantaggio, poichè d’Ottavio ne posso aver di bisogno). (da sè)
Lelio. Ma, Contessa mia, per qual motivo siete venuta in Aversa? Ditemi, siete sola?
Eleonora. Ecco la persona che mi ha accompagnata.
Lelio. Chi è quel vecchio?
Eleonora. È un cavaliere siciliano; povero, ma onorato.