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L'INCOGNITA | 131 |
SCENA XVIII.
Ottavio e Beatrice.
Beatrice. Vedete? Questo è quel che si guadagna a ricevere in casa delle persone che non si conoscono.
Ottavio. Io non mi pento d’aver usati degli atti di pietà ad una ch’io mi lusingava li meritasse.
Beatrice. Ciò vi serva d’avvertimento. Gente incognita non ne ricevete mai più.
Ottavio. Vi ha ella detto nulla dell’esser suo?
Beatrice. Sì, cose varie mi ha detto; ma io le credo favole. Da una donna che si è scoperta bugiarda, non si può sperare la verità.
Ottavio. Di che paese ha detto di essere?
Beatrice. Non mi ricordo se Sarda o Siciliana; di uno di questi due regni assolutamente. Anzi, ora che mi sovviene, ella si fa e dell’uno e dell’altro.
Ottavio. Nata non può essere in due paesi.
Beatrice. In uno è nata, e nell’altro allevata.
Ottavio. Ma il natale dove lo ha avuto?
Beatrice. Se vi dico che non me ne ricordo. (Poco l’ho intesa e meno mi son curata d’intenderla). (da sè)
Ottavio. È nobile veramente?
Beatrice. A sentir lei, è di sangue reale.
Ottavio. Ma come dice essere in questo stato?
Beatrice. Tante cose mi ha dette, che troppo vi vorrebbe a rammentarsene. Il padre fuggito, la madre quasi violata, due fratelli uccisi; un vecchio l’ha raccolta bambina Cose, vi dico, da formare il più bel romanzo del mondo.
Ottavio. Ma voi in sostanza non sapete niente.
Beatrice. Non so e non m’importa sapere.
Ottavio. Che stravaganza è mai questa? Siete donna, e non avete avuto curiosità di sapere? In verità, questa volta sono più curioso di voi. In quella giovane vi è qualche cosa di stravagante. Orsù, manderò a chiamare Colombina, ch’è quella