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parla, in molte parti l’ho regolata, e colà (se non vien copiata da questa) sarà come tante altre malconcia. Questa dunque, com’io diceva a principio, è una commedia romanzesca, perchè nel giro di poche ore una moltitudine di accidenti comprende inaspettati e strani, e talor sorprendenti; tuttavolta però studiato ho di condurli in maniera tale, che non abbiano a dirsi impossibili o inverisimili, ma solo da una estraordinaria combinazione diretti. Se avessi prima formato o letto un romanzo, e i fatti sparsi pel medesimo avessi unito in una commedia, caduto sarei anch’io per necessità nell’impossibile, o nella confusione almeno, ma la Commedia originalmente tessendo, ho accomodata la favola al bisogno mio, e se gli uditori diranno dopo di averla veduta: oh quanta roba in una commedia! non diranno almeno: oh quanti spropositi! oh quante bestialità! E chi averà la sofferenza di tener dietro al filo della medesima, partirà contento d’averla sentita. Questo è quello però che sfuggir si deve, cioè non conviene affaticare l’uditore per modo che abbiagli a doler il capo per l’applicazione, e non possa nemmeno soffiarsi il naso, per non perdere la traccia degli accidenti; ma in cinquanta1 commedie la varietà parmi non disconvenga, ed ho sentito colle orecchie mie dir più d’uno, essere questa la miglior Commedia che io abbia fatto. Certamente se io l’avessi creduta indegna affatto di compatimento, non l’avrei nemmeno stampata, ma parlo così per i genj più delicati, per quelli che della vera Commedia s’intendono, i quali poi non sono moltissimi.



  1. La presente prefazione fu stampata nel t. VIII (1754) dell’ed. Paperini di Firenze: la quale doveva comprendere le prime 50 commedie di C. Goldoni.