Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/96

86 ATTO TERZO

Bonfil. Ella è una virtuosa fanciulla.

Andreuve. Se così è, voi non potrete lusingarvi di nulla.

Bonfil. Son certo che morirebbe, pria di macchiare la sua innocenza.

Andreuve. Cara Pamela! Unica consolazione di questo misero antico padre! Deh, signore, levatevi dagli occhi un pericolo; ponete in sicuro la di lei onestà; datemi la mia figlia, come l’ebbe da noi la vostra defunta madre.

Bonfil. Ah! troppo ingrata è la sorte col merito di Pamela.

Andreuve. S’ella merita qualche cosa, il cielo non la lascerà in abbandono.

Bonfil. Quanto cambierei volentieri questo gran palazzo con una delle vostre capanne!

Andreuve. Per qual ragione?

Bonfil. Unicamente per isposare Pamela.

Andreuve. Siete innamorato a tal segno?

Bonfil. Sì, non posso vivere senza di lei.

Andreuve. Il cielo mi ha mandato in tempo per riparare ai disordini della vostra passione.

Bonfil. Ma se non mi lice sposar Pamela, giuro al cielo, altra donna non prenderò.

Andreuve. Lascerete estinguer la vostra casa?

Bonfil. Sì, per accrescere a mio dispetto il trionfo degl’indiscreti congiunti.

Andreuve. E se fosse nobile Pamela, non esitereste a sposarla?

Bonfil. Lo farei prima della notte vicina.

Andreuve. Eh Milord, ve ne pentireste. Una povera, ancorchè fosse nobile, non la riputereste degna di voi.

Bonfil. La mia famiglia non ha bisogno di dote.

Andreuve. Siete ricco, ma chi più ha, più desidera.

Bonfil. Voi non mi conoscete.

Andreuve. Dunque la povertà in Pamela non vi dispiace?

Bonfil. Anzi le accresce il merito dell’umiltà.

Andreuve. (Cielo, che mi consigli di fare?) (da sè)

Bonfil. Che dite fra di voi?