Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
66 | ATTO SECONDO |
Jevre. Io non lo so, ma non tornerà che dopo tre giorni.
Pamela. Ah! Io non lo vedrò più. (sospira)
Jevre. Oh lo vedrete, sì, lo vedrete.
Pamela. Quando? Se domattina io parto.
Jevre. Domattina non partirete più.
Pamela. Il padrone lo ha comandato? (sospirando)
Jevre. Il padrone ha comandato a me ch’io non vi lasci partire, s’egli non torna.
Pamela. S’egli non torna? (con tenerezza)
Jevre. Sì, che ne dite? Non è volubile?
Pamela. È padrone, può comandare.
Jevre. Ci restate poi volentieri?
Pamela. Io son rassegnata ai voleri del mio padrone.
Jevre. Eh Pamela, Pamela, io dubito che questo vostro padrone vi stia troppo fitto1 nel cuore.
Pamela. Oh Dio! Non mi dite queste parole, che mi farete piangere amaramente.
SCENA X.
Isacco e dette.
Isacco. Madama Jevre.
Jevre. Che c’è?
Isacco. È venuta miledi Daure.
Jevre. Il padrone è partito?
Isacco. Sì, è montato in un legno a quattro cavalli, ed ora sarà vicino alla porta della città.
Jevre. Dite a Miledi, che non vi è suo fratello.
Isacco. L’ho detto, ed ella tanto e tanto ha voluto scendere dalla carrozza.
Jevre. È sola?
Isacco. Vi è il Cavaliere suo nipote.
Pamela. Andiamoci a serrar nella nostra camera.È
- ↑ Bett. e Pap.: fisso.