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64 | ATTO SECONDO |
Isacco. Signore.
Bonfil. In tavola.
Artur. Fermatevi, (ad Isacco) Caro amico, fate che sia compita la finezza che siete disposto usarmi. Mia cugina è già passata dalla sua villeggiatura alla mia; ella mi ha prevenuto, e mi ha spedito un lacchè, facendomi avvertito ch’ella non vuol pranzare senza di me. Sono in impegno di partir subito, e spero che non mi lascerete andar solo.
Bonfil. Questa non parmi ora a proposito di partirci da Londra per andare a desinare in campagna.
Artur. Due leghe si fanno presto. Caro amico, non mi dite di no.
Bonfil. Voi mi angustiate.
Artur. Io non mi posso trattenere un momento.
Bonfil. Andate.
Artur. Avete promesso di venir meco.
Bonfil. Non ho promesso di venir subito.
Artur. Qual premura vi rende difficile l’anticipazione di un’ora?
Bonfil. Lasciatemi cambiar di vestito.
Artur. (Se vede Pamela, non parte più). (da sè) Milord, credetemi, non disconviene in villa un abito da città, quando si va a visitare una dama.
Bonfil. Sì, non lo nego, ma io... (Partirò senza rivedere Pamela?) (da sè)
Isacco. Signore, mi comandi.
Artur. Andate, andate, Milord viene a pranzo con me.
Isacco. (Prego il cielo che vada, e non torni, se non ha scacciato quel demonio che lo rende così furioso). (da sè, parte)
Artur. La carrozza ci aspetta.
Bonfil. Ma viva al cielo, lasciatemi pensare un momento.
Artur. Pensate, e risolvete da vostro pari.
Bonfil. (Sia pensieroso alquanto.)
Artur. (Gran confusione ha nel cuore!) (da sè)
Bonfil. Jevre. (chiama)
Artur. Ma se tornate dopo tre giorni...
Bonfil. Jevre. (chiama più forte)