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54 ATTO SECONDO

Artur. In otto giorni non si fa così facilmente un maritaggio per via di contratto.

Bonfil. Dispensatemi, ve ne prego.

Artur. Milord, voi mi adulate. Voi non siete persuaso de’ miei consigli. Partito ch’io sono, voi tornate a sollecitare Pamela.

Bonfil. Non giudicate sì malamente di me. Stimo i vostri consigli, li apprezzo e li gradisco.

Artur. Se così fosse, non ricusereste di venir meco.

Bonfil. Otto giorni non posso lasciare la casa senza di me.

Artur. Eccomi più discreto; mi contento che restiate meco tre soli giorni.

Bonfil. Tre giorni? Dove?

Artur. Alla contea d’Artur.

Bonfil. Ma! oh cielo! Perchè mi volete condurre in villa?

Artur. Deggio dare una festa ad una mia cugina, ritornata da Portogallo.

Bonfil. Il mio malinconico umore non può che spiacere nell’allegria della villa.

Artur. Voi avete a piacere a me solo.

Bonfil. E non volete dispensarmi?

Artur. No certamente, a costo di perdere la vostra preziosa amicizia.

Bonfil. Voi non meritate che io vi corrisponda villanamente. Per compiacervi verrò.

Artur. Sollecitate il pranzo; a un’ora dopo il mezzogiorno, saranno qui i miei cavalli e ce n’andremo immediatamente.

Bonfil. Oimè! Così presto?

Artur. Due ore abbiamo di tempo.

Bonfil. È troppo poco.

Artur. Che cosa avete di maggior premura?

Bonfil. Non volete che io dia gli ordini alla mia famiglia?

Artur. La vostra famiglia è ben regolata. Tre giorni di assenza non alterano le vostre commissioni.

Bonfil. Amico, per quel ch’io vedo, voi temete che io non mi possa staccar da Pamela.

Artur. Se ricusate di venir meco, mi darete cagione di sospettarlo.