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osservava: «E proprio in questi buffi originali che Iffland ha sempre destato il mio entusiasmo, perchè qui la natura sua può assai; tutto sembra ispirazione del momento e genialità» (Schiller’s Briefe. Stuttgart, vol. V, p. 377, lett. del 4 maggio 1798).

Meno unanime il coro de’ critici nelle lodi date alla commedia. Il Theatral-Kalender di Vienna (1772, p. 54), annotava in data 29 aprile 1771: «La F. a., lavoro del Goldoni è dei suoi peggiori, buono qualche volta come ripiego». Coglie più nel vero l’anonimo relatore d’una recita fatta a Lipsia l’8 maggio del 1770 dicendola una farsa piuttosto triviale, ma tutta da ridere (Uber die Leipziger Bühne. Dresden, 1770, p. 135). Meglio così che il pericoloso encomio di C. H. Schmid che dall’alto della sua cattedra di legge e di poesia all’Università di Giessen sentenziava essere questa una delle poche commedie del Goldoni meritamente lodate da tutti. (Das Parterre, cit. p. 233). Nel quale giudizio, ma senza pericolose e ingiuste restrizioni, consente H. L. Wagner. Degno riscontro all’Ammalato imaginario gli pare addirittura questa F. a.; nel complesso e in singoli particolari superiore persino al capolavoro del Molière. Ma in tutte e due tanto caricati i caratteri che gli spettatori bisognosi di emendarsi non potevano ritrovare se stessi nelle varie figure poste in scena a questo scopo (!). (Briefe die Seylersche Ges. u. ihre Vorslellungen, in Frankfurt a. M. betreffend. Frankf. 1776, pp. 206 segg.).

Che cosa aggiungere ai grandi elogi che dei Gambara si fa nella dedicatoria? Annibale, n. il 26 genn. 1712 da Carlo Antonio e da Elisa Grimani, fu provveditore a Padova. Notevole che il Nostro negli anni in cui molto si dimentica o si perdona, abbia voluto togliere dalla lettera di dedica il passo relativo alle sue beghe col Medebac e col Bettinelli (cfr. le linee omesse, riportate dall’Ediz. Paperini a piè di pagina). Più notevole ancora che l’amputazione sia stata eseguita tanto alla carlona, da lasciare in sospeso un periodo («Uscì nel tempo ecc.) e renderlo inintelligibile senza il soccorso della prima stampa.

L’accenno all’Ariosto e i versi citati provano — afferma il Merz (studio cit., p. 9), il quale sulla cultura del G. sembra propugnare una tesi opposta a quella di M. Ortiz — che il G. doveva avere buona consuetudine con l’autore dell’Orlando, per essere i versi riportati tra i meno noti del poema. Ma l’avesse conosciuto anche poco, è ovvio ammettere che dovendo scrivere dei Gambara, avrà chiesto e frugato perchè l’elogio riuscisse compiuto. Tra le prime notizie offerte alla sua attenzione non saranno stati i versi dedicati dall’Ariosto a Veronica, alto e giusto vanto della famiglia?

E. M.

Questa commedia uscì la prima volta dentro l’anno 1753, nel t. IV dell’ed. Paperini di Firenze e fu ristampata a Bologna (Pisarri, Corciolani), a Pesaro (Gavelli, IV, '54), a Torino (Fantino-Olzati, V, '56); e più tardi a Venezia (Pasquali, VI, ’64; Savioli, I, ’71; Zatta, cl. 2, XII, ’92). a Torino ancora (Guibert-Oigeas, VI, ’73), a Livorno (Masi, V, ’88), a Lucca (Bonsignori, VI, ’88) e altrove nel Settecento. - La presente edizione seguì principalmente il testo più curato del Pasquali, ma reca a piè di pagina le varianti delle altre edizioni. Le note segnate con lettera alfabetica appartengono al commediografo, quelle con cifra al compilatore. Valgono intorno alla grafia le avvertenze più volte ripetute.

Fine del quinto volume.