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488 | ATTO TERZO |
Agapito. Se io li so mettere? Sì signore.
Onesti. Orsù, non è più da tollerarsi un uomo tale in questa città, con pericolo della salute e della vita de’ poveri sventurati che incappassero nelle vostre1 mani. Dovrete chiudere la bottega, e non farete più lo speziale. (forte)
Agapito. Non farò più lo speziale?
Onesti. No, il collegio non vi può più tollerare.
Pantalone. Anderè via de sto paese. (forte)
Onesti. Chiuderete la spezieria. (forte)
Agapito. Ho piacere; i medici non verranno a disturbarmi, quando leggo i foglietti. (parte)
SCENA ULTIMA.
Rosaura, Beatrice, il dottor Onesti, Pantalone e Colombina.
Pantalone. Adesso me n’accorzo2 che l’è matto.
Onesti. E voi vi siete per tanto tempo fidato di lui.
Pantalone. Fia mia, gh’astu più mal?
Rosaura. Non sono ancora risanata del tutto.
Pantalone. Via, via, el sior dottor finirà la cura.
Beatrice. Cara signora Rosaura, ora che vi vedo lieta e contenta, torno a casa mia, consolandomi delle vostre felicità.
Rosaura. Sono molto tenuta all’amore che voi avete per me.
Colombina. Ho imparato anch’io a prender marito a forza di svenimenti.
Onesti. Sì, queste cose da voi altre donne s’imparano facilmente. Vorrei piuttosto che tutti voi dagli accidenti di questo giorno imparaste che molti mali provengono dall’opinione, che vi sono degl’impostori e degl’ignoranti; ma che senza paragone è maggiore il numero de’ medici dotti, sinceri ed onesti.
Fine della Commedia.