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38 | ATTO PRIMO |
Artur. Lo sarebbero dal lato del padre.
Bonfil. Ma non è il padre, non è l’uomo quello che forma la nobiltà?
Artur. Amico, vi riscaldate sì fortemente, che mi fate sospettare sia la questione fatta unicamente per voi.
Bonfil. (Si ammutolisce.)
Artur. Deh, apritemi il vostro cuore; svelatemi la verità, e studierò di darvi quei consigli che crederò opportuni, per porre in quiete l’animo vostro.
Bonfil. (Vada Pamela con Miledi). (da sè)
Artur. Molte ragioni si dicono in astratto sopra le massime generali, le quali poi variamente si adattano alle circostanze de’ casi. La nobiltà ha più gradi; al di sotto della nobiltà vi sono parecchi ordini1, i quali forse non sarebbero da disprezzarsi. Mi lusingo che a nozze vili2 non sappian tendere le vostre mire.
Bonfil. (Anderò alla contea di Lincoln). (da sè)
Artur. Se mai qualche beltà lusinghiera tentasse macchiare colla viltà delle impure sue fiamme la purezza del vostro sangue...
Bonfil. Io non amo una beltà lusinghiera. (con isdegno)
Artur. Milord, a rivederci. (si alza)
Bonfil. Aspettate, beviamo il tè. Ehi.
SCENA XIV3.
Isacco e detti.
Isacco. Signore.
Bonfil. Non t’ho io ordinato il tè?
Isacco. Il credenziere non l’ha preparato.
Bonfil. Bestia, il tè, bestia! Il rak, animalaccio, il rak!
Isacco. Ma signore....