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LA FINTA AMMALATA 461


polso, non possiamo accordarci nella qualità della cura. Io dico che il male di vostra figlia è gravissimo. Ricordatevi dell’aforismo d’Ippocrate: Principiis obsta, sero medicina paratur. (cava l’orologio) Signor Pantalone, sono passati i due quarti d’ora, il Conte mi aspetta, e non posso più trattenermi.

Pantalone. Ma cossa hale concluso?

Onesti. Si è concluso quello che vi ho predetto che si doveva concludere.

Buonatesta. Signor Pantalone, vi riverisco.

Pantalone. Servitor suo.

Buonatesta. (Guarda l'orologio e guarda Pantalone.)

Onesti. (Via, date la paga al signor dottor Buonatesta, e dategliela generosa). (a Pantalone)

Pantalone. (Co sto sugo l’ho da pagar?) (all'Onesti)

Onesti. (Vostro danno). (a Pantalone)

Buonatesta. Signor Pantalone, comanda altro da me?

Pantalone. La favorissa. (gli dà denari)

Buonatesta. Obbligatissimo. (prende il denaro)

Pantalone. Ma insomma cossa sarà de mia fia?

Buonatesta. Ora non posso trattenermi, tornerò e parleremo. La signora Rosaura guarirà, ma vi vuol per lei una cura lunga. (parte)

SCENA XIII.

Il dottore Onesti, il dottore Merlino, Tarquinio e Pantalone.

Merlino. Signor Pantalone, vi son servitore.

Pantalone. Patron mio reverito.

Merlino. Se non comanda altro, vado per i fatti miei.

Onesti. (Via, pagate anche lui). (a Pantalone)

Pantalone. (Per aver dito quello che diseva i altri?)

Onesti. (L’avete chiamato, convien pagarlo).

Pantalone. La perdona, la riceva sto piccolo regaietto per la cioccolata.