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PAMELA 37

Artur. No certamente. La natura è madre comune, ed ama ella indistintamente i suoi figli, e della loro unione indistintamente è contenta.

Bonfil. Manca alle leggi del buon costume?

Artur. No, perchè anzi deve essere libero il matrimonio, e non si può vietarlo fra due persone oneste che si amano.

Bonfil. Manca forse alle leggi del Foro?

Artur. Molto meno. Non v’è legge scritta, che osti ad un tal matrimonio.

Bonfil. Dunque su qual fondamento potrebbe raggirarsi il discorso, per formare obbietto alla libertà di farlo, senza opporsi alla legge?

Artur. Sul fondamento della comune opinione.

Bonfil. Che intendete voi per questa comune opinione?

Artur. Il modo di pensare degli uomini.

Bonfil. Gli uomini per lo più pensano diversamente. Per uniformarsi all’opinione degli uomini, converrebbe variar pensiero con quanti si ha occasione di trattare. Da ciò ne proverrebbe la volubilità, l’incostanza, l’infedeltà, cose peggiori molto all’osservanza della propria opinione.

Artur. Amico, voi dite bene, ma convien fare dei sagrifizi per mantenere il proprio decoro.

Bonfil. Mantenere il proprio decoro? Quest’è il terzo articolo da voi propostomi dell’umana prudenza. Vi supplico. Un cavaliere che sposa una povera onesta, offende egli il proprio decoro?

Artur. Pregiudica alla nobiltà del suo sangue.

Bonfil. Spiegatevi. Come può un matrimonio cambiar il sangue nelle vene del cavaliere?

Artur. Ciò non potrei asserire.

Bonfil. Dunque qual è quel sangue a cui si pregiudica?

Artur. Quello che si tramanda nei figli.

Bonfil. Ah, mi avete mortalmente ferito.

Artur. Milord, parlatemi con vera amicizia, sareste voi veramente nel caso?

Bonfil. Caro amico, i figli che nascessero da un tal matrimonio, non sarebbero nobili?