Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
450 | ATTO SECONDO |
Rosaura. Signora no, che non voglio che gli parliate segretamente.
Beatrice. Intendo per voi.
Rosaura. Per me? (ridendo)
Beatrice. Sì, per voi. Vi contentate?
Rosaura. Acciò mi guarisca presto? (ridendo)
Beatrice. Acciò vi guarisca presto. Vi contentate?
Rosaura. Fate voi.
Beatrice. (Eh ragazza, l’ho conosciuto il tuo male). (da sè)
Colombina. Ecco il vin di Cipro. (porta un bicchiere col vino)
Beatrice. Via, bevetelo.
Rosaura. Ho paura.
Beatrice. Eh via!
Rosaura. Mi farà male.
Beatrice. Via, alla salute del medichino.
Rosaura. Sì, alla sua salute. (prende il bicchiere)
SCENA VII.
Pantalone e dette.
Pantalone. Coss’è? Cossa ghe deu? Cossa bévela?
Beatrice. Per ristorarsi beve il vino di Cipro.
Pantalone. Per restorarse? Coss’è, siora, me la volè mazzar mia fia? (a Beatrice) E ti, frasconazza, ti ghe porti el vin de Cipro? (a Colombina) Qua sto gotto. Povera putta! I te voleva far morir. (leva il bicchiere di mano a Rosaura)
Colombina. È stato battuto.
Pantalone. Ande a veder chi xe. Tutta sta roba a una povera ammalada! (Colombina parte, e poi torna)
Rosaura. (Questa volta mi colpisce nella gola). (da sè)
Colombina. Ecco il signor dottor Onesti.
Rosaura. (Oimè! respiro). (da sè)
Pantalone. Coss’è, fia mia, ti te mui1 de color a sentir el miedego? Hastu paura? No te dubitar, che faremo consulto.
- ↑ Ti cangi. [nota originale]