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444 ATTO SECONDO

SCENA II.

Il dottore Merlino, Tarquinio e detto.

Merlino. Caro signor Tarquinio, l’avete fatta bella. Per fare a modo vostro, ho fatto cavar sangue a quel poveruomo, e dopo la cavata di sangue ha peggiorato.

Tarquinio. Vi vuol pazienza; sono accidenti che accadono. Anch’io l’altro giorno, per eseguire un vostro ordine, cavai sangue a quel mercante, tuttochè non ne avesse bisogno.

Merlino. E se quel povero garzone di stalla morisse per cagion vostra?

Tarquinio. Nessuno dirà che sia morto per questo.

Merlino. Pur troppo, quando un ammalato muore, si dice ch’è stato il medico che l’ha cacciato sotterra; e se guarisce, ch’è risanato non per cagione del medico, ma per la gioventù, per la buona complessione, per qualche stella, per qualche favorevole pianeta che l’ha soccorso.

Tarquinio. Ma con tutto questo, tutti quelli che si ammalano, chiamano il medico.

Merlino. È vero. Ma in oggi il medico non è più nella estimazione di prima. Non si obbedisce e non se gli crede.

Tarquinio. Si paga? Se si paga, basta.

Agapito. Come! Il Can de’ Tartari (s’alza) vuole che il principe della China ripudi la sposa? Ah cane, veramente cane! Povera principessa! Ripudiarla? Perchè sposi una tua figlia? una tua bastarda? No. Giuro al cielo, non la ripudierà; non la ripudierà. (passeggia)

Merlino. Signor Agapito...

Agapito. Non la ripudierà...

Tarquinio. Che cosa avete, signor Agapito?

Agapito. Non la ripudierà.

Merlino. Che cosa vi è di nuovo?

Agapito. Sposar la figlia del Cane!

Merlino. La figlia di un cane?

Agapito. Signor sì, del Cane, signor sì.