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scorge anche l’olandese A. S. Kok (C. G. en hel italiaansche Blijspel, 1875, p. 96); il Galanti la giudica seria, bella per intreccio e carattere, e rallegrata da molti accidenti (C. G. ecc. Padova, 1882, p. 212). Ma Dom. Cavi vi nota difetti assai (C. G. e la comm. Mil. p. 121); R. Nocchi la dice «viziata dal sentimentalismo» (Comm. scelte di C. G. Fir. 1856, p. XVII); per Augusto Franchetti e «la decima e non certo l’ottima delle sedici» (artic. cit.) e al Rabany pare commedia innocua (Kotzebue, sa vie et son temps. Paris-Nancy, 1893, p. 188).

Due altre volte fece appello all’acume de’ critici il lavoro nelle libere imitazioni che ne diedero Alberto Nota col suo Filosofo celibe (1811 ) e Paolo Ferrari con gli Amici e rivali (Franchetti, art. cit.). La prima delle due, giudicata una delle cose migliori del suo autore, encomiata dal Paradisi e dal Monti (cfr. Salfi, Saggio stor. crit. d. comm. it., Mil. 1829, pp. 76, 77; Roux, op. cit., p. 25) restò a lungo ne’ repertori dei nostri comici ed ebbe cittadinanza anche in Germania, in un rifacimento di Carl Blum (Ich bleibe ledig, 1835).

Il V. a. venne tradotto tre volte in tedesco (Laudes [?] 1766, Saal 1767, Kalau 1891), due volte in francese (nel 1758 dal Deleyre, col disperato proposito d’infirmare le accuse di plagio mosse al Diderot; poi da un M.r de R****a Brunsvick, s. a.), e ancora in portoghese, spagnuolo, danese e olandese. Al di là dell’Alpi e oltre Oceano questa commedia, per i buoni intenti morali ond’è animata, venne offerta in edizioni adatte anche agli studiosi della nostra lingua (Il v. a. mit Anmerkungen von G. Sommer. Lipsia, 1823; id. with introduction. notes and vocabularìy by J. Geddes and Freeman M. Josely. Boston, Heath, 1902). Anche ne’ numerosi florilegi di cose goldoniane, compilati fuori d’Italia, quasi sempre a scopo didattico, il V. a. è assai frequente. Bastava il titolo a consigliarne l’ammissione. (V: Scelta delle comm. di C. G. ecc. unite insieme da I. G. Fraporta. Lipsia, 1801; Scelta di alc. comm. del G. ecc. Ediz. curata da Bellingeri, Parigi, Fayolle, 1824; Comm. scelte di C. G. Parigi, Theriot, 1852).

Grande notorietà venne al V. a. in Francia e in tutta Europa dal plagio che, senza pur accennare al Goldoni, ne fece Dionigi Diderot (dietro l’ediz. Paperini) nel suo Fils naturel (1757), quando il commediografo italiano a Parigi era ancora poco o punto noto (cfr. Toldo. Se il D. abbia imitato il G. Giorn. stor. d. lett. it. 1895, p. 350 segg.; Maddalena, artic. cit.). Elia Freron, avversario acerrimo degli enciclopedisti, rese pubblico il plagio dando nella sua rivista (Année littéraire, 1757, IV, p. 289 segg.) un resoconto minuto della commedia goldoniana, senza fare il nome del Diderot. Corse tosto alla difese l’a. tacitamente accusato. Ma perchè le modificazioni da lui fatte alla commedia italiana non bastavano a rendere il Fils naturel lavoro originale, come gli tornava comodo credere, accusò a sua volta il Goldoni d’aver plagiato il Molière per il suo Ottavio e denigrò bassamente tutta l’opera sua (De la poesie dramatique [1758]). Quest’autodifesa parve al Grimm (Correspondance Paris, 1878, voi. IV, pp. 55-58) «aussi noble que simple». Più semplice davvero non poteva essere dal momento che l’enciclopedista, ammessa dapprima l’imitazione, finisce col negar ogni cosa. Nobile? Che ne sapeva l’autore d’un articolo, dove le insolenze diderotiane su Goldoni e il suo teatro si ribadiscono a morsi d’idrofoba rabbia? Il Fréron ribattè con spietata dialettica punto per