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SCENA XXIII1.


Beatrice. Se vi voglio? e come. (gli prende la mano con avidità)

Lelio. Oh amico! Voi mi sorprendete! Voi m’incantate! Voi m’empiete di giubbilo! Amai sempre Rosaura, ed ora che ella può fare la mia fortuna, confesso il vero, mi piace ancora di più. A voi l’ho ceduta, ritirarmi non posso; ma se voi cortesemente me la rendete, siete il mio benefattore, siete il mio caro amico.

Beatrice. Sì, sì, ve la rende; egli vuole la sua Beatrice.

Lelio. Ma, caro Florindo, voi la sposate per impegno.

Beatrice. Mi maraviglio di voi; mi sposa perchè mi vuol bene.

Florindo. Signor sì, ho conosciuto tardi il merito della signora Beatrice, e le voglio bene. La sua bontà, la sua pazienza merita ch’io le voglia bene.

Beatrice. Ehi, dite, avete poi quei vizi che mi avete detto? (a Florindo)

Florindo. Spero di no; se ne avrò qualcuno, mi correggerò.

Beatrice. Vi raccomando sopra tutto corregger quello di non venire a casa la notte.

Florindo. Verrò, verrò. Com’è andata dello scrigno? (a Lelio)

Lelio. Sono arrivato in tempo. Trappola è fuggito, ed io ho visto un gran numero di monete d’oro. È arrivato l’avaro, e a forza ha strascinato lo scrigno nella sua camera; fra la rabbia, il dolore e la disperazione è caduto due volte. Aveva la schiuma alla bocca; finalmente si è gettato in terra, ha abbracciato lo scrigno... Ma viene la signora Rosaura, come l’aggiusteremo?

Florindo. Lasciate fare a me, troverò la maniera di quietarla, e di far che vi dia la mano.

  1. Vedi a p. 381.