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Rosaura. Certamente, non poteva fare a meno di non innamorarsi di voi.
Beatrice. Avrei perduto lo spirito, se in un mese non mi desse l’animo d’innamorare un uomo.
Rosaura. Come avete fatto a innamorarlo?
Beatrice. Come avete fatto voi a innamorar mio fratello?
Rosaura. Vostro fratello si è innamorato di sei mila scudi.
Beatrice. Oh, io mi vergognerei, se uno mi volesse sposare pel danaro.
Rosaura. E io mi vergognerei, se mi avessi a maritar senza dote.
Beatrice. Benchè io non abbia la dote, ho avuti più di cento partiti.
Rosaura. Ma non avete concluso nessuno.
Beatrice. Si è concluso questo.
Rosaura. E già concluso?
Beatrice. Si concluderà.
Rosaura. Dal presente al futuro v’è una gran differenza.
Beatrice. Già siamo amiche, so che mi volete bene, ma un poco d’invidietta l’avete, non è vero?
Rosaura. Sì, è vero, invidio il vostro merito.
Beatrice. No, anzi la mia fortuna.
SCENA XII[1].
Florindo solo.
Oh bella! Oh bella! Oh bella! Ho creduto di far bene ed ho fatto peggio. Per distrigarmi, mi sono impegnato più che mai. Ma a pensarci bene, questa signora Beatrice è una cosa particolare; è di un temperamento estraordinario, pronta a soffrir tutto, disposta a tutto, umile, paziente, rassegnata; merita che le si voglia bene; e se non fossi innamorato a questo segno della signora Rosaura, adesso principierei a voler bene a una donna, che ha un merito impareggiabile. In fatti, in un mese che sono in sua casa, ho sempre lodato e ammirato il conte-