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370 ATTO TERZO


dell’amicizia? Ora intendo perchè Rosaura non mi potea più vedere.

Florindo. Ditemi, amico, avete più quella lettera?

Lelio. Eccola.

Florindo. Datele una ripassata, rileggetela un poco.

Lelio. Confessate voi averla scritta alla signora Rosaura?

Florindo. Signor sì, a lei l’ho scritta. Sentite in quella lettera come scrivo1. Che vado via, che le voglio bene, che so che ella vuol bene a me; ma che sono un uomo d’onore, che sono un vero amico, e per non tradir le leggi dell’ospitalità, mi risolvo partire; e se avessi potuto finir la lettera, avrei soggiunto che non conviene coltivare un amore di questa sorte, che pensi al suo sposo, e che non faccia più conto che io sia in questo mondo. Signor Lelio, vi potete chiamare offeso? Ho mancato al mio dovere, alle buone leggi della vera amicizia? Mi sono innamorato, è vero; ma di questo mio amore ne siete voi la cagione. Voi m’avete introdotto, voi m’avete dato la libertà. Se fossi stato un uomo d’altro carattere, mi sarei approfittato dell’occasione, e avrei cercato di soddisfare il mio amore, e a quest’ora2 l’avrei sposata; ma son3 galantuomo, sono un uomo onorato, tratto da quel che sono. Adesso che vi sento risoluto di volerla abbandonare, che il prenderla voi per moglie può essere il vostro precipizio, che abbandonandola voi, può andare in mano di gente vile, di gente indegna4; mosso dall’amore, dal zelo e dalla compassione, non ho potuto dissimulare la mia passione. Se ho operato male, correggetemi, se penso bene, compatitemi, se vi piaccio, abbracciatemi, se vi dispiaccio, mi pento, mi ritiro e vi domando perdono.

Lelio. Caro amico, voi siete l’esemplare della vera amicizia.5 Compatisco il vostro amore, ammiro la vostra virtù; se voi amate

  1. Pap. ha invece: Sentite che cosa dico.
  2. Pap. aggiunge: forse.
  3. Pap.: ma son vostro amico, son ecc.
  4. Pap.: cattiva.
  5. Segue nell’ed. Pap.: «Più che così non potevate voi fare per osservarmi la vostra fede. Compatisco il vostro amore, ammiro la vostra virtù; se voi amate Rosaura, se la di lei povertà non vi spiace, sposatela, ch’io son contento; anzi il vederla da voi sposata sarà il maggior conforto delle mie pene. Fior. Ma penerete ecc.»