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28 ATTO PRIMO

Bonfil. Tieni, Pamela, eccoti cinquanta ghinee. Fanne quello che vuoi.

Pamela. La mia onestà vale più che tutto l’oro del mondo.

Bonfil. Prendile, dico.

Pamela. Non fia mai vero.

Bonfil. Prendile, fraschetta, prendile; che, giuro al cielo, mi sentirai bestemmiare.

Pamela. Le prenderò con un patto, che mi lasciate dire alcune1 parole senza interrompermi.

Bonfil. Sì, parla.

Pamela. Mi lascierete voi dire?

Bonfil. Te lo prometto.

Pamela. Giuratelo.

Bonfil. Da cavaliere.

Pamela. Vi credo; prendo le cinquanta ghinee, e sentite ciò che sono costretta a dirvi.

Bonfil. (Dica ciò che sa dire. Ella è nelle mie mani). (da sè)

Pamela. Signore, io sono una povera serva, voi2 siete il mio padrone. Voi3 cavaliere, io nata sono una misera donna; ma due cose eguali abbiam noi, e sono queste la ragione e l’onore. Voi non mi darete ad intendere d’aver alcuna autorità sopra l’onor mio; poichè la ragione m’insegna esser questo un tesoro indipendente da chi che sia. Il sangue nobile è un accidente della fortuna; le azioni nobili caratterizzano il grande. Che volete, signore, che dica il mondo di voi, se vi abbassate cotanto con una serva? Sostenete voi in questa guisa il decoro della nobiltà? Meritate voi quel rispetto che esige la vostra nascita? Parlereste voi forse col linguaggio degli uomini scapestrati?4 Direste coi discoli: l’uomo non disonora se stesso, disonorando una povera donna? Tutte le male azioni disonorano un cavaliere, e non può darsi azion più nera, più indegna, oltre quella d’insidiare l’onore di una fanciulla. Che cosa le potete voi dare in compenso del suo decoro? Denaro? Ah vilissimo prezzo, per un inestimabil

  1. Bett. e Pap.: alcune brevi.
  2. Bett.: e voi.
  3. Bett.: Voi siete.
  4. Bett.: de’ scapestrati?