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338 ATTO SECONDO


piacere dell’amico stesso in un1 matrimonio. Ora intendo perchè ricusa di corrispondermi; teme disgustare l’amico, non ardisce di farlo per non offendere l’ospitalità. Deh! pensate voi stessa che ciò non conviene... Qui termina la lettera; ma qui principia a consolarmi la mia speranza. Non conviene? Sì che conviene svelar l’arcano, parlar in tempo e consolare i nostri cuori che s’amano. Ecco mio nipote2, Viene opportunamente.

SCENA VII.

Lelio e detta.

Lelio. Signora zia3, eccomi vivo in grazia dell’amico Florindo.

Beatrice. Come? V’è intravvenuto qualche disgrazia?

Lelio. Stamane, giuocando al faraone, fui soverchiato da un giuocator di vantaggio. Lo scopersi, rispose ardito, io gli diedi una mano nel viso, s’unì egli con un compagno, m’attesero sulla strada vicina, mi assalirono colle spade, mi difesi alla meglio; ma se in tempo non giungeva Florindo, avrei dovuto socombere.

Beatrice. Il signor Florindo dov’è?

Lelio. Il servitore l’ha trattenuto; ora viene.

Beatrice. È egli restato offeso?

Lelio. Oh pensate! La spada in mano la sa tenere; ha fatto fuggir que’ ribaldi.

Beatrice. Grand’uomo è il signor Florindo!4

Lelio. Sì, egli è un uomo di merito singolare.

Beatrice. Guardate fin dove arriva la sua delicatezza. Egli è invaghito di me, e non ardisce di palesarlo, temendo che per un tale amore possa dirsi violata l’ospitalità.

Lelio. Signora 5, voi vi lusingate senza verun fondamento.

Beatrice. Son certa che egli mi ama, e ve ne posso dar sicurezza6.

Lelio. Voi avete del merito; ma la vostra età...

  1. Pap.: in un felicissimo.
  2. Pap.: fratello.
  3. Pap.: Sorella.
  4. Segue Dell’ed. Pap.: «Beatr. Grand’amico È con voi. Lel. Certamente la di lui amicizia è una cosa rara. Beatr. Guardate fin dove ecc.».
  5. Pap.: Sorella.
  6. Segue subito nell’ed. Pap.: «Lel. Qual prova mi addurrete ecc.».