Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/345


IL VERO AMICO 329

Rosaura. È passato un mese, da che vi ho detto così.

Florindo. E per questo? Per esser passato un mese, si è cambiata già d’opinione? Perdoni, signora. Per coronar le sue belle virtù, le manca quella della costanza.

Rosaura. Ah! signor Florindo, non sempre siamo padroni di noi medesimi.1

Florindo. Signora Rosaura, domani io parto.

Rosaura. (Aimè!) Domani?

Florindo. Domani senz’altro. La ringrazio delle finezze ch’ella si è degnata di farmi, e giacchè ha tanta bontà per me, la supplico di una grazia.

Rosaura. Voglia il cielo ch’io sia in grado di potervi servire.

Florindo. La supplico di esser grata verso il povero Lelio.

Rosaura. Credevami che voi domandaste qualche cosa per voi.

Florindo. Via; la pregherò di una grazia per me.

Rosaura. Vi servirò con più giubbilo.2

Florindo. Sì, la prego voler bene a Lelio, che è l’istesso che voler bene a me. Le raccomando il mio cuore, che resta a Bologna con Lelio, e se il mio caro amico s’è demeritato in qualche maniera la sua grazia, la supplico di compatirlo e volergli bene.3 (Non posso più. Ah! che or ora l’amicizia resta al dì sotto e l’amor mi precipita). (da sè)

SCENA XIII4.

Colombina e detti.

Colombina. Signora, ecco il signor Lelio. (parte)

Florindo. (Oh bravo! è arrivato a tempo). (da sè)

Rosaura. Ecco il vostro cuore; fategli voi quelle accoglienze che merita, io mi ritiro. (parte)

  1. Segue nell’ed. Pap.: «Fior. (Ah, l’ho detto; io sono la causa di questo male, ma io vi rimedierò.) da sè. Ros. (Cielo, aiutami, ch’io non parli scverchiamente). da sè. Fior. Signora Rosaura ecc.».
  2. Segue nell’ed. Pap.: «Fior. La prego volermi bene. Le raccomando il mio cuore. Ros. Oh cieli! Dite il vero?. Fior. Sì, la prego ecc.»
  3. Segue nell’ed. Pap.: «Ros. piange e non risponde. Fior. (Piange? Oimè, non posso più. Vera amicizia, dammi aita, dammi consiglio. Ah, che or ora l’amicizia ecc.)».
  4. Vedasi in Appendice questa scena, com’è nell’ed. Paperini.