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IL VERO AMICO 327

Rosaura. (Oh Dio!) (da sè) Domattina?

Florindo. Domattina.1

Rosaura. Vostro zio è moribondo? Povero vecchio, mi fa compassione. Anche mio padre è avanzato assai nell’età, e quando sento vecchi che muoiono, mi sento intenerire, non posso far a meno di piangere. (piangendo)

Florindo. Ella ha un cuore assai tenero.2

Rosaura. Partirete voi da Bologna, senza sentire veruna pena?

Florindo. Ah! pur troppo partirò di Bologna col cuore afflitto3.

Rosaura. Dunque il vostro cuore ha degli attacchi in questa città, che vi faranno sembrar amara la vostra partenza?

Florindo. E in che maniera! Non avrò mai penato tanto in vita mia, quanto prevedo di dover penar domattina.

Rosaura. Caro signor Florindo, per quelle finezze che vi siete compiaciuto di farmi nel tempo della vostra dimora, fatemi una grazia prima della vostra partenza.

Florindo. Eccomi a’ suoi comandi, farò tutto per obbedirla.

Rosaura. Ditemi, a chi partendo lascerete voi il vostro cuore?

Florindo. Lascio il mio cuore ad un caro e fedele amico. Lo lascio a Lelio, ch’amo quanto me stesso.

Rosaura. (Ah, son deluse le mie speranze!) (da sè)

Florindo. Adesso è ella contenta?

Rosaura. Voi amate molto questo vostro amico.

Florindo. Così vuol la legge della buona amicizia.

Rosaura. E non amate altri che lui?

Florindo. Amo tutti quelli che amano Lelio e che da lui sono amati. Per questa ragione posso ancora amare la signora Rosaura.

Rosaura. Voi mi amate?4

Florindo. Certamente.

Rosaura. (Oimè!) Voi mi amate?

Florindo. L’amo, perchè è amata da Lelio; l’amo, perchè vuol bene a Lelio, che è un altro me stesso.

  1. Pap. aggiunge: Sospira? La mia partenza non è una cosa che a lei possa recar dispiacere.
  2. Segue nell’ed. Pap.; «Ros. E voi come l’avete? Fior. Così, così; bazzotto».
  3. Pap.: ferito.
  4. Pap.: Voi amate me?