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326 | ATTO PRIMO |
Rosaura. No, ho procurato sempre occultare la mia passione.
Colombina. Ed egli credete voi che vi ami?
Rosaura. Non lo so; mi fa delle finezze, ma posso crederle prodotte da mera galanteria.
Colombina. Prima ch’egli parta, fategli capir1 qualche cosa.
Rosaura. È troppo tardi.
Colombina. Siete ancora in tempo.
Rosaura. Se parte, il tempo è perduto.
Colombina. Può essere2 che egli non parta.
Rosaura. Oh Dio!
Colombina. Vi vuol coraggio.
Rosaura. Eccolo.
Colombina. Via, portatevi bene, e se non avete coraggio voi, lasciate far a me. (parte)
SCENA XII.
Rosaura, poi Florindo.
Rosaura. No, no, senti. Costei è troppo ardita, non sa che una figlia onorata deve reprimere3 le sue passioni. Io le reprimerò?4 Farò degli sforzi.
Florindo. Faccio umilissima riverenza alla signora Rosaura.
Rosaura. Serva, signor Florindo; s’accomodi.
Florindo. Obbedisco. (Oimè! in qual impegno m’ha posto l’amico Lelio). (da sè)
Rosaura. (Mi par confuso). (da sè, e siedono)
Florindo. (Orsù, vi vuol coraggio. Bisogna passarsela con disinvoltura), (da sè)
Rosaura. Che avete, signor Florindo, che mi parete sospeso?
Florindo. Una lettera che ho avuto da Venezia, mi ha un poco sconcertato; mio zio è moribondo, e domattina mi conviene partire.
Rosaura. Domattina?
Florindo. Senz’altro.