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PAMELA | 23 |
Pamela. (Ride o di me1, o della lettera). (da sè)
Bonfil. (Fa come sopra.)
Pamela. (Finalmente non dico che la verità). (da sè)
Bonfil. Tieni. (rende a Pamela la lettera)
Pamela. Compatitemi.
Bonfil. Tu scrivi perfettamente.
Pamela. Fo tutto quello ch’io so.
Bonfil. Io sono il tuo caro padrone.
Pamela. Oh signore, vi dimando perdono, se ho scritto di voi con poco rispetto.
Bonfil. Il tuo caro padrone ti perdona e ti loda.
Pamela. Siete la stessa bontà.
Bonfil. E tu sei la stessa bellezza.
Pamela. Signore, con vostra buona licenza, (s’inchina per partire)
Bonfil. Dove vai?
Pamela. Madama Jevre mi aspetta.
Bonfil. Io sono il padrone.
Pamela. Vi obbedisco.
Bonfil. Tieni. (le presenta un anello)
Pamela. Cos’è questo, signore?
Bonfil. Non lo conosci? Quest’anello era di mia madre.
Pamela. E vero. Che volete ch’io ne faccia?
Bonfil. Lo terrai per memoria di lei.
Pamela. Oh, le mie mani non portano di quelle gioje.
Bonfil. Mia madre a te l’ha lasciato.
Pamela. Non mi pare, signore, non mi pare.
Bonfil. Pare a me. Lo dico. Non si replica. Prendi l’anello.
Pamela. E poi...
Bonfil. Prendi l’anello. (alterato)
Pamela. Obbedisco. (lo prende, e lo tiene stretto in mano)
Bonfil. Ponilo al dito.
Pamela. Non andrà bene.
Bonfil. Rendimi quell’anello.
- ↑ Così l’ed. Zatta. Bettinelli: Ride? O di me ecc. Paperini: Ride! o di me ecc. Pasquali: Ride. O di me ecc.