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Io era lontano assai da Parigi, quando ebbe origine questa contesa che ha fatto poi tanto strepito. S’io fossi stato allora presente, sarei stato il primo a disingannare il Pubblico per parte mia, giacchè non ha voluto credere sulla parola di quello che si dichiarava inventore, e che avendo date le più chiare prove del suo talento, meritava tutta la fede. Spiacemi amaramente, che senza alcuna mia colpa si è scaricato il suo sdegno contro di me. Egli ha creduto, per abbattere i suoi nemici, dover discreditare le opere mie, ed ha creato una nuova Poetica, niente per altro che per poter dire che io era un cattivo Comico; e per giustificarsi ch’egli non aveva niente preso da me, sfidava il Pubblico a poter trovare in tutte le mie Commedie una scena, che fosse degna del Teatro Francese. Non tocca a me a rispondere ad una simile proposizione. Molti, senza conoscermi, mi hanno fatto l’onore di parlare per me, e di scrivere, e di provare che pensavano diversamente; e l’accoglimento grazioso che al mio arrivo a Parigi mi ha fatto questo Pubblico stesso, mi fa credere che l’accennata Poetica non abbia fatto grande impressione. Mi accusa fra le altre cose questo Signore nella sua critica, voglio dire nella sua Poetica, d’aver introdotto nel mio Vero Amico un avaro, perchè un tal carattere è stato trattato prima di me da Moliere1. Conosce però egli stesso che non è questa buona ragione per farmi passar per plagiario, e vuol far credere ch’io lo abbia non solamente imitato, ma copiato, e tutto il gran fondamento per sostenerlo si riduce ad una cassetta. L’avaro di Moliere ha lo scrigno; il mio ha lo scrigno: dunque il mio avaro è la copia di quel di Molière. Lascio giudice tutto il Mondo, se quest’argomento ha veruna forza. Qual è quell’avaro che non procuri di ammassar del danaro, e che secondo la sua condizione non abbia una cassetta o uno scrigno? Bisogna vedere se le situazioni siano copiate, se i pensieri siano gli stessi, se la condotta sia la medesima, prima di decidere se sia o non sia l’autore plagiario. È tanto differente il mio avaro episodico da quello di Moliere che è protagonista; sono sì diversamente

  1. Così scrive Goldoni italianamente.