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ripiego distrugge ogni armonia nella figura del protagonista, studio di carattere assai bene iniziato.
Altri giocatori aveva visto il Goldoni sulle scene. «Menavano una vita comoda e allegra per ragione delle vicende del giuoco» (L’A. a chi legge). Tra questi verisimilmente, più famoso di tutti, il Joueur del Regnard, benchè in tutta l’opera del Goldoni si cerchi invano il nome di questo genialissimo continuatore del Molière. Eppure il suo teatro non restò sconosciuto al poeta veneziano. Mancassero altre prove (M. Ortiz, G. e Regnard, Riv. teatr. ital. febbr. 1906), basta un raffronto tra le due commedie a mostrare che quella del Goldoni è contenuta in embrione nell’arguta favola del Francese. Tanto nel Joueur che nel Giocatore due donne, giovine l’una, matura l’altra, si contendono il vizioso impenitente e un gioiello della fidanzata, sacrificato al demone del giuoco, provoca la catastrofe smascherando il vizioso. Questi i tratti principali che i due lavori hanno comuni, mentre altre affinità si scorgono in qualche particolare (Maddalena, op. cit., pagg. 43-48 e I. Merz, C. G. in seiner Stellung zum franz. Lustsp. Leipzig, 1903, pagg. 29-31). Certo dalla fine eleganza del Regnard il Nostro resta lontanissimo, anzi la trivialità delle espressioni passa in singoli momenti ogni lecita misura, in compenso quanto maggior movimento! Bisca, giuoco, giocatori, bari: tutto ha vita e si svolge davanti agli occhi dello spettatore, e dall’invenzione del Regnard, anche per la novità degli episodi, nasce così una commedia goldoniana tanto da poterla dire originale (Kretschmann, Sämmtliche Werke, Carlsruhe, 1787, IV, pag. XXVIII).
Alla passione del giuoco indulse lo stesso Goldoni in misura più o men larga tutta la vita, e molti dei felicissimi tratti, onde caratterizza Florindo, gli saranno stati suggeriti dalla sua propria esperienza. Anche la trovata del gioiello carpito a Rosaura, del quale l’amante si vale, come nella Bottega del caffè Eugenio degli orecchini della moglie, vuole il Goldoni risponda a un episodio della sua vita (Vedi a pagg. 37, 58 del I vol. di questa Ediz.). Subito dopo la laurea, di fronte a spese ingenti, egli a corto di quattrini causa il gioco, avrebbe impegnato un diamante avuto da una sua bella. Così un ricordo dell’allegra sua gioventù gli serve a presentare in nuova veste il ripiego del Regnard.
Dopo la fatale prima di Venezia, il Giocatore fu mai più ripreso in Italia? Resta notizia sicura di alcune recite [1758, 1777] nel Seminario - Collegio di Reggio - Emilia (G. Crocioni, Reggio e il Gold., in Modena a C. G., 1907, p. 348), probabilmente in un rifacimento ad uso della gioventù. Ma la fortuna che il pubblico non volle concedere, la commedia l’ebbe invece dalla critica. Tra noi bensì, dei pochi che la lessero, pochissimi vi spendono intorno parole: l’ammira come studio di carattere il Salfi (Saggio stor. crit. d. comm. it., Mil. 1829, p. 46); la loda lo Schedoni (Principii morali del teatro, Modena, 1828, p. 62) che nelle commedie cerca solo puerile morale da educandati e quando, come nel Giocatore, la scorge, esulta; l’aggioga con altre di molto inferiori il Martini (Simpatie, Firenze, 1900, p. 322), nè men severo si mostra il Momigliano (Il mondo poetico del Gold. L’Italia moderna, 15 marzo 1907, p. 476). La critica italiana odierna si rassegna dunque al verdetto, col quale, afferma il Klein (Gesch. des ital. Drama’s, Leipzig, 1868, III, I, p. 445), l’uditorio seppe mostrarsi davvero cavaliere di buon gusto. Ma il Klem è certo