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IL GIUOCATORE | 283 |
Gandolfa. Ancor io da questa mattina in qua sto meglio assai.
Pancrazio. Voi le avete prese?
Gandolfa. Non le ho prese, ma le prenderò.
Pancrazio. Prendete le pillole, che vi sentirete ringiovinire.
Gandolfa. Oh signor Pancrazio, ho una pillola nel cuore, che mi fa diventar giovane di vent’anni.
Pancrazio. Una pilloletta1? Chi l’ha fatta?
Gandolfa. Un bravo speziale.
Pancrazio. Come si chiama?
Gandolfa. Si chiama il signor Cupido.
Pancrazio. Il signor Cupido?
Gandolfa. Sì, il signor Cupido, che vuol dire quel furbettetto d’Amore, mi ha data una pillola da inghiottire, che m’ha riempita di fuoco, e mi ha messa in brio, e bisogna ch’io mi mariti.
Pancrazio. Oh caro speziale! Onorato signor Cupido! Le sue pillole non mi dispiacciono, e anch’io sono in grado di ricorrere alla sua spezieria per una di queste pillole prodigiose.
Gandolfa. Anche voi volete che vi venga voglia di maritarvi?
Pancrazio. Per volontà non ho bisogno di pillole, ma bensì per l’effetto che dite voi di provare.
Gandolfa. Ditemi, per qual cagione?
Pancrazio. Per mettermi in brio.
Gandolfa. Oh che caro vecchietto!
Pancrazio. Oh che graziosa2 sposina!
Gandolfa. Vi dirò, ho pensato che non ho veruno amico di cuore, e che quando sarò vecchia, non avrò alcuno che mi governi, e per questo ho risoluto di maritarmi.
Pancrazio. Sì, fate benissimo.
Gandolfa. Io ho della dote; sapete che avrò quasi tremila ducati d’entrata. Quando morirò, non so a chi lasciare la mia roba; se potessi aver un figlio, avrei la maggior consolazione del mondo.
Pancrazio. Chi sa? Lo potete sperare.