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IL GIUOCATORE 267

Rosaura. Dice che è stato ingannato, che sperava che aveste lasciato il giuoco, ma sa che poco dopo avete nuovamente giuocato. Onde, caro Florindo, vengo a dirvi che io son disperata, che il mio alimento sono le lagrime, e che morirò quanto prima, se non ci trovate rimedio.

Florindo. (Gente infame! Si sa tutto quello ch’io faccio; sarà stato quel briccone di Brighella). (da sè)

Rosaura. Oh cielo! Non mi rispondete?

Florindo. Rimango attonito, sentendo un discorso simile. Come il signor Pantalone si cambia da un momento all’altro? Abbiamo fra di noi stabilito, che nella settimana ventura seguiranno i nostri sponsali. Qualche mala lingua mi avrà rovinato.

Rosaura. Bisogna trovar rimedio.

Florindo. Sì, assolutamente, cercherò di veder il signor Pantalone, mi giustificherò, lo placherò, gli farò toccare con mano che non è vero ch’io giuochi, e tutto sarà accomodato.

Rosaura. Oh cielo! Voi mi consolate. Speriamo che mio padre si placherà?

Florindo. Certamente, e poi pregatelo ancor voi, fatelo pregare dalla vostra signora zia.

Rosaura. Appunto quella cara signora zia ha delle pretensioni sopra dî voi.

Florindo. È ridicola la poverina. Io mi prendo qualche poco di spasso.

Rosaura. Ha confidato a Colombina, che vi ha imprestati cinquanta zecchini.

Florindo. (Oh vecchia balorda!) (da sè) Sì, le ho fatta una burla.

Rosaura. In che consiste questa burla?

Florindo. Voglio che ella vi paghi un giojello al suo marcio dispetto.

Rosaura. Ma come?

Florindo. Ne ho ordinato uno assai più bello di quello che avete al collo, e a poco per volta la signora Gandolfa lo deve pagare.

Rosaura. Se se ne accorge, povera me!